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Introversi e chiacchiere, una coppia imperfetta

 • di Gabriella Attimonelli •

Vi siete mai chiesti perché gli introversi odino così tanto le chiacchiere passpartout?

Bene, oggi in questo articolo cercheremo di spiegarvi perché gli introversi non si perdono in quegli inutili discorsi tanto apprezzati dall’esercito degli estroversi.

L’asse “introversione-estroversione” definisce il tratto forse più importante della personalità di ciascuno di noi ed è, nei Big Five (una delle più accreditate Teoria della Personalità) il primo dei cinque grandi fattori che definiscono la personalità individuale: cioè il modo unico e speciale in cui ciascuno di noi pensa, sente, si comporta e interagisce con gli altri e con il mondo.

Chiariamoci subito: “introverso” non significa misantropo, antipatico, timido, asociale o musone. Tra introversione ed estroversione non c’è un’alternativa netta (come bianco/nero), ma un continuum (un’amplissima scala di grigi) lungo il quale ciascuno di noi tende a collocarsi.
Il motivo per cui un individuo risulta più o meno estroverso o introverso è tanto solido quanto controintuitivo, ed è connesso con il grado di reattività che ciascuno di noi ha agli stimoli esterni: le persone estroverse hanno un basso grado di reattività, e quindi hanno bisogno di percepire più stimoli, più forti (tanta gente, tante parole, tanto rumore, tanta attività, tanta velocità…). Le persone introverse hanno un alto grado di reattività agli stimoli e quelli intensi risultano “troppo” destabilizzanti. Situazioni o circostante iperstimolanti possono sovraccaricare il sistema nervoso di un introverso, facendolo sentire sopraffatto, intimidito e annoiato, anziché eccitato e coinvolto.

La grande popolazione degli introversi, si stima siano circa il 25% della popolazione mondiale, si sente stressata in situazioni in cui si ritrovano in chiacchiere da bar, quali il meteo, la politica, l’oroscopo, l’estetista e il lavoro, specie con persone sconosciute. Però si sa, che per sciogliere l’imbarazzo di queste situazioni, si utilizzano argomenti banali pur di intavolare un minimo di dialogo e scardinare il disagio emotivo suscitato.

Gli introversi o “personalità riservate” amano perdersi in conversazioni profonde e lunghe che possano restituirgli la sensazione di essere utili e vivi. Con questo non voglio affermare che gli estroversi siano persone superficiali, ma di sicuro hanno una maggiore capacità di spensieratezza nel saper cogliere e adeguarsi ad argomenti di diversa portata. Durante una conversazione collettiva, l’introverso assume molto spesso la parte dell’ascoltatore silenzioso, che poi si ritira una volta terminato l’argomento.

Ma perché gli introversi trovano così antipatico e noioso chiacchierare?

Beh, gli introversi non odiano né le chiacchiere passpartout, tranne quelle superfleue, né il loro interlocuore, ma odiano in particolar modo, la barriera che si crea tra le persone nella comunicazione. In loro si crea un sentimento di vuoto, privo di significato che mina la propria energia e interiorità, ma d’altronde la socialità, purtroppo, mi spiace per voi introversi è un male necessario, per scoprirsi, esporsi e trovare anche un nuovo fidanzato.

Aprire la porta della socialità all’altro con argomenti poco filosofici o poco poetici dal vostro punto di vista, non vi aiuterà di certo ad apparire amichevoli e accessibili alle connessioni profonde che sono racchiuse nella vostra corazza mentale.

La chiave per intavolare dei discorsi più fruttosi con il vostro interlocutore, sarà quello di portarlo su temi realmente interessanti, il più presto possibile, senza che perdiate la vostra preziosa attenzione. Nonostante perdano facilmente la loro attenzione, gli introversi sono dei buoni ascoltatori ed è molto più probabile che una persona riservata o introversa si apra con un’altra, parlando a tu per tu, che non all’interno di  gruppi più numerosi, dove in tal caso assumeranno un atteggiamento dissociativo e di chiusura. Tuttavia, le persone introverse traggono molti benefici da queste situazioni, perché osservando, imparano a risolvere i propri problemi e a essere più creativi.

Elementi costitutivi il malessere degli introversi:

  1. un vissuto persistente di inadeguatezza e di inferiorità, che talora arriva alla vergogna di essere come si è;
  2. un’avversione più o meno marcata (a volte una vera e propria fobia) nei confronti della sensibilità emozionale;
  3. un sentimento di solitudine scarsamente rimediabile, che può esprimersi in una tendenza sempre più progressiva all’isolamento o a tentativi di socializzazione e di normalizzazione forzata, solitamente con scarso esito;
  4. una tendenza a confrontarsi ossessivamente con gli altri, che comporta spesso il paradosso di un’invidia intensa e, nel contempo, un atteggiamento interiore ipercritico nei loro confronti, di cui viene rilevata impietosamente la superficialità, la rozzezza, la scarsa sensibilità;
  5. una tendenza a ruminare sulle proprie problematiche, senza venirne a capo;
  6. un senso complessivo di un’esistenza faticosa, penosa, a volte dolorosa.

L’introverso rischia sempre di rimanere intrappolato nell’utopia di un mondo nel quale gli esseri umani siano delicati e corretti,  cioè  dove la tendenza a farsi del male si riduca al minimo. Si tratta di un nobile sogno che sovrappone, però, al mondo così com’è, in altre parole, pieno di speranze pacifiste disilluse.

In conseguenza di questo sogno, l’introverso si ritrova spesso a tentare di realizzarlo in proprio orientandosi verso il perfezionismo, vale a dire orientandosi verso un regime di vita che comporta eccessive richieste che egli rivolge a se stesso. Di conseguenza sviluppano un atteggiamento ipercritico nei confronti dello stato di cose esistente nel mondo, che va dall’indignazione all’intolleranza e alla rabbia.

Qui ci sono ulteriori suggerimenti per sopravvivere alle chiacchiere trasformarle in qualcosa di significativo che possa catturare la vostra attenzione:

 L’Ansia deriva da voi. Se vi sentite ansiosi di fare chiacchiere, ricordate che il vostro nervosismo sta venendo da voi e dalle vostre convinzioni, non dalla situazione.

Puntate i riflettori su vi stessi: ad esempio, facendo domande. Gli introversi tendono ad essere molto riservati , quindi sprofondano in un profondo disagio a rivelare un sacco di informazioni personali da subito, almeno fino a quando non si fidiamo dell’altra persona.

Abbellite le risposte. Naturalmente, non potrete bombardare senza sosta l’altra persona con le domande, perché si sentirebbero incastrati in un interrogatorio. Bisognerà rispondere ad alcune, solo poche, ma incisive domande. Questo vi eviterà di tagliare la conversazione già breve di per sé, iniziando a condividere anche una sola parola, dopo le risposte chiuse. Aggiungere alcuni spunti interessanti per le risposte, vi aiuterà a fornire dei “ganci” al vostro interlocutore e uscire dall’impasse di una chiusura brusca del discorso, continuando così la chiacchierata. Per esempio, quando qualcuno vi chiede come stai, invece di rispondere, “Bene”, potreste abbellirla con un “Bene, grazie. Anche se con le feste appena dietro l’angolo, mi sento un po’ stressato su tutte le i regali natalizi da fare e il cibo che dovrò preparare o mangiare”. Dipende dai punti di vista.

 Approfondite la conversazione con domande aperte. Vi troverete a conoscere il vostro interlocutore senza alcuno sforzo e questo potrebbe portarvi a imbattervi in qualcosa d’indicativo per la vostra attenzione, nello scambio comunicativo con l’altro. Le domande aperte invitano l’altra persona a dire più di un paio di parole. Prova le domande come: “Stai lavorando a qualcosa di eccitante ultimamente?” o “Qual è stato il momento clou della vostra settimana?” “Quando eri un bambino, quale era il tuo lavoro ideale? “ o ancora “Quali sono i tuoi pensieri su [inserite una notizia recente d’interesse generale, ne avete molte a disposizione ultimamente]?”

Vacci piano con te stesso. Voi introversi tendete ad essere introspettivi, anime che pensano profondamente le cose. Tuttavia, questo dono incredibile può diventare una maledizione quando lo usiamo per rimuginare sui nostri errori. Se una conversazione non è andata secondo i piani o si è conclusa con una nota scomoda, siate gentile con voi stessi. Capita a tutti di passare per beoti, almeno una volta nella vita. Concentratevi sulla lezione da asporto appena presa e fatene un buon uso per la prossima volta.

Come scrive l’autore e speaker motivazionale Denis Waitley, “Il fallimento deve essere il nostro insegnante, non il nostro becchino. Il fallimento è ritardo, non sconfitta. È un intoppo temporaneo, non un vicolo cieco. Il fallimento è qualcosa che possiamo evitare solo non dicendo nulla, non facendo nulla, non essendo nulla”.

 

 

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Gabriella Attimonelli

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