• di Francesca Mamo •
L’Etnopsichiatria è quella branca psichiatrica che studia e classifica i disturbi e le sindromi in base al contesto culturale in cui si manifestano. Nello specifico, essa delinea le specificità di determinati disturbi mentali strettamente collegati all’ambiente culturale in cui insorgono e che non possono essere classificati secondo le categorie psichiatriche universalmente riconosciute. Oggi parleremo della Sindrome di Dhat, descritto per la prima volta in India.
Il quadro clinico è riassunto dall’intensa preoccupazione espressa dal soggetto che la perdita eccessiva di sperma (spermatorrea), conseguente ad atti sessuali, masturbazione, eiaculazione notturna involontaria, emissione di urine chiare o francamente biancastre (ritenute cariche di sperma), possa provocare la debilitazione irreversibile e progressiva dell’organismo privato della sua linfa vitale (lo sperma stesso).
Il soggetto accusa regolarmente senso di affaticamento senza movimento febbrile e astenia tenace. Si presenta all’osservazione con occhi cerchiati e infossati nelle orbite, sguardo spento, pelle avvizzita, viso emaciato, dimagrimento pronunciato, aspetto generale suggestivo di un invecchiamento precoce. L’umore è cupo e pessimista, prevalgono lamentele ipocondriache riguardanti il proprio corpo e si riscontra uno stato di esaurimento intellettuale con difficoltà a concentrarsi, a pensare e a parlare in modo fluente.
Secondo le concezioni popolari indiane, sovrapponibili a quelle di molte altre aree dell’Asia, e secondo la visione ayurvedica della fisiologia del corpo umano, lo sperma costituisce un elemento di forza e vigore (è il settimo costituente fondamentale della materia vivente) da cui dipendono la potenza, l’energia, l’aspetto fisico, la prestazione intellettuale e la coesione spirituale della persona. La concentrazione mentale stessa, secondo tali concezioni, dipende dalla capacità di continenza spermatica esercitata dall’individuo e dal suo organismo. Si comprende allora come il rilievo di una perdita spermatica eccessiva, volontaria o involontaria, possa determinare una sensazione di allarme ansioso nella persona che si ritiene affetta da una tale dissipazione energetica e vitale. Alcuni soggetti, per paura di morire, finiscono con il praticare un’astinenza sessuale assoluta.
Nelle donne il Dhat sembra essere meno frequente, ma anche in questo caso il rilievo di perdite vaginali biancastre (leucorrea) induce in esse un’inibizione tenace dell’orgasmo, l’evitamento ostinato dei rapporti sessuali e uno stato di frigidità. Il Dhat può ulteriormente complicarsi con vertigini, lombalgia, insonnia, incubi notturni, eiaculazione precoce e impotentia coeundi. Le terapie dei medici ayurvedici dipendono dall’identificazione puntuale dell’etiologia del disturbo. Essi possono pertanto prescrivere il matrimonio, il divieto della masturbazione e l’eliminazione di cibi e di afrodisiaci capaci di “riscaldare” lo sperma all’interno del corpo determinandone l’emissione involontaria. Possono inoltre approntare preparati e medicamenti in grado di “raffreddare” lo sperma (piante, erbe, metalli) o somministrare sostanze sostitutive (sperma animale, testicoli di montone, uova di tartaruga).