• di Sara Negrosini •
“La storia la conosciamo tutti. Una giovane dolce e pura, prigioniera nel corpo di un cigno, desidera la libertà ma solo il vero amore spezzerà l’incantesimo. Il suo sogno sta per realizzarsi grazie ad un principe, ma prima che lui le dichiari il suo amore, la gemella invidiosa, il cigno nero, lo inganna e lo seduce. Devastata, il cigno bianco si getta da un dirupo e si uccide. E nella morte ritrova la libertà.”
Queste sono le parole con cui Thomas Leroy, il direttore artistico di una compagnia di ballo, annuncia la nuova produzione: il lago dei cigni. Un breve riassunto dello spettacolo che sembra coincidere in buona parte con le vicissitudini “reali” della protagonista del film.
Nina è una ballerina della compagnia che sogna il ruolo della vita e un amore che spezzi l’incantesimo di un’eterna adolescenza. La ragazza desidera ardentemente il ruolo della protagonista e armata del suo grande desiderio di rivalsa, di perfezione tecnica e di una dedizione completa al ballo, si sottopone a un allenamento estenuante sotto lo sguardo esigente del coreografo. Ma oltre a lui un’altra presenza che incombe sulla vita della ragazza è quella della madre, ballerina mancata che riversa su di lei tutte le sue ansie di rivincita, sviluppando verso di lei un attaccamento morboso e dipendente. Nina è continuamente controllata e trattata come una bambina, al punto tale da arrivare ad aver paura di perdere il controllo e di lasciarsi andare. Scena significativa è il taglio delle unghie che la madre le impone con grande insistenza.
Lei è un grande Cigno Bianco, ma per interpretare anche il Cigno Nero nel balletto di Cajkovskij deve portare a galla la parta oscura di sé. Leroy le da fiducia e ottiene la parte. Questo evento si rivelerà però distruttivo per la ragazza, ma non per la fatica e il dolore fisico, ma per le continue pressioni psicologiche che lei stessa crea e subisce.
Nina è ancora una bambina fragile e inibita che non conosce la sua parte istintiva, perché troppo abituata a vivere in un limbo dove è tenuta continuamente a bada da una madre ossessionata dalla figlia. Quello che segue è la sua discesa negli inferi, in cerca della sua ombra. Nina deve raggiungere e liberare dentro di sé, la propria parte nascosta, rimossa e oscura, per essere in grado di interpretare le due facce del cigno. Ci riuscirà, ma il prezzo da pagare sarà alto.
Nina subirà le allucinazioni da lei stessa create, l’autolesionismo e le paranoie nei confronti della sua rivale Lily. Il tema del doppio è palesemente evocato attraverso sia le metafore del Cigno Bianco e del Cigno Nero, sia dall’incessante presenza di specchi. Il suo riflesso, la sua parte oscura, viene rappresenta proprio dalla sua rivale Lily, ragazza molto più seducente e libertina scelta come sua sostituta. Tutte le sue inquietudini si manifestano nel suo corpo attraverso la bulimia, la schiena graffiata, i lembi di pelle strappati, i piedi martoriati e gonfi ed infine la scoperta dei sui desideri sessuali e della sua femminilità.
Nina scopre il buio dentro di sé, fa affiorare l’ombra e l’oscuro che teneva così ben celati sotto la pelle della brava ragazza perfetta e sarà, oltre che un gran Cigno Bianco, anche un potente Cigno Nero. Ma tale scoperta avviene solo come una possessione, la invade, la ipnotizza, arrivando anche a uccidere se stessa nell’allucinazione proiettiva raffigurata nell’omicidio di Lily. In quest’ottica il superamento dei propri limiti avviene necessariamente attraverso la distruzione di ciò che si è.
“L’ho sentito perfetto…era perfetto”, questa la frase finale di Nina che appare così il completamento della sua trasformazione.
L’unica nota negativa di questo film è la traduzione italiana proprio di questa frase. L’originale recita “I am perfect…I was perfect” (“Io sono perfetta…io ero perfetta”) che rappresenterebbe meglio l’epilogo della storia di Nina.
– Natalie Portman, premio Oscar come migliore attrice protagonista in “Black Snow”, regia di Darren Aronofsky. –