Vivere confini e distanze nei diversi caratteri
Le sensazioni di paura, angoscia e preoccupazione che hanno caratterizzato la cosiddetta fase 1 delle misure di prevenzione dell’emergenza Covid, stanno gradatamente lasciando il posto ad una nuova fase, quella caratterizzata dal desiderio e dalla paura di rivedere gli altri e caratterizzata dal distanziamento sociale.
La fase 2 è cominciata e da lunedì 18 maggio, siamo tutti più propensi anche ad uscire ed incontrare amici, ritrovando una naturalità delle interazioni. Dopo quasi due mesi di quarantena e misure restrittive piuttosto stringenti, tornare ad intrattenere rapporti sociali non sarà facile ed immediato. Vi è, in primis, una importante regola di convivenza che dovrà cambiare: il distanziamento sociale. Da oggi in poi, qualunque sia il motivo del nostro incontro, staremo ad almeno 1 metro di distanza da chiunque e, in certe occasioni, anche a due o più.
La psicologia sociale studia i rapporti che intercorrono tra l’individuo ed il suo contesto di appartenenza, comunità e società ed i modi di interagire. Pensiamo ad esempio all’importanza dei saluti, dell’abbracciarsi, della pacca sulla spalla, del sorriso e di tutti quei gesti che una determinata cultura condivide in un determinato luogo ed in specifiche circostanze. Non è difficile immaginare quanto, nelle culture mediterranee più che altrove, possa essere complicato doversi adattare a non poter salutare stringendosi la mano (conoscenti), baciando o abbracciando (amici o parenti) o anche scambiarsi sorrisi, nascosti dietro le immancabili mascherine.
Abbiamo tutti sentito il termine “distanza sociale”, ma è giusto fare chiarezza: in psicologia la distanza sociale è quello spazio riservato ai contatti sociali meno profondi, più convenzionali e formali; in questa zona, ad esempio, non si parla di problemi intimi ma di lavoro; non ci si confida, ma si offre consulenza o si trattano affari. Essa è identificata in uno spazio che va da 1,5 a 3,5 metri intorno all’individuo. Invece la distanza amicale o personale (quella dei contatti amicali, appunto) va da 45 centimetri a 1,5 metri di distanza dalla persona. Sono contatti, questi, che intratteniamo quando ci sentiamo a nostro agio con qualcuno, che sia esso amico o conoscente, ed al quale, senza neanche rendercene conto, permettiamo di superare la distanza sociale più formale. Bisogna sottolineare che la prossemica delle relazioni di vicinanza (Edward T. Hall) è stata studiata solo di recente, ma è un comportamento appreso ed implicitamente messo in atto dall’uomo da secoli, con il quale nasciamo e che impariamo senza neanche rendercene conto, come linguaggio non verbale.
È quindi lecito chiedersi cosa cambi, nei rapporti tra persone, in questa fase di distanziamento. Innanzitutto, potremmo, in generale, percepire una maggiore difficoltà nell’interazione, dovuta a queste nuove norme sociali. A più di una persona starà capitando, in questi giorni, di sentirsi disorientato nell’uscire di casa, non saper bene come comportarsi se si incontra una persona, se qualcuno si avvicina troppo o troppo poco, se sia giusto o scortese spostarsi dal marciapiede se si incontrano altri pedoni. Questo disagio è frutto anche del fatto che dobbiamo apprendere e modificare un comportamento spontaneo, inconsapevole e molto radicato, e ciò può essere fonte di iniziale disorientamento.
Essere distanziati nello spazio, comunque, non significa necessariamente essere distanti emotivamente e socialmente. Per sentirci emotivamente gli uni con gli altri ed interagire in questo nuovo modo e rispettando le regole di prevenzione, c’è bisogno, in primis, di prendere consapevolezza dei vecchi schemi e poi di provare a scoprirne di nuovi come, ad esempio, il potere dello sguardo o del nostro tono di voce. Sarebbe importante, dunque, cominciare semplicemente a fare caso al modo in cui i propri occhi e gli occhi degli altri esprimono e comunicano vissuti, così come il tono e l’inflessione della voce. È altresì importante, soprattutto, cominciare a fare caso a quali sono i propri personali vissuti rispetto al rientro al lavoro, all’uscire di casa, al ritrovarsi di nuovo in spazi aperti, a contatto con le persone e come riusciamo a gestire tutto questo, proteggendo il nostro e l’altrui confine personale.
Le regole sociali implicite, infatti, non sono l’unica fonte di analisi della realtà. Gli stili di personalità e le caratteristiche individuali influenzano il modo di percepire il proprio corpo nello spazio ed il proprio confine personale (cioè la percezione soggettiva della propria identità in termini fisici e psichici), nonché della propria “zona di comfort” che varia per ampiezza a seconda delle caratteristiche dei singoli individui.
Come scrive Alexander Lowen: “Il corpo contiene la memoria di ogni esperienza che la persona abbia attraversato, pertanto è possibile leggere la biografia di una persona a partire dalla struttura dinamica del suo corpo. Da un punto di vista teorico possiamo affermare che ogni esperienza vissuta si struttura nel corpo delle persone così come nella loro mente.”
Il Sé corporeo è quindi, secondo l’analisi bioenergetica, la parte più autentica ed immediata della personalità, che si forma a partire dalle primissime esperienze infantili (anche nella gestazione) e che continua a maturare e cambiare, strutturandosi poi in caratteri definibili e riconoscibili. Prenderemo qui in esame, quindi, non gli stili di personalità, bensì i cinque caratteri così come argomentati da Lowen nell’analisi bioenergetica: il carattere schizoide, il carattere orale, il carattere masochista, il carattere psicopatico, il carattere rigido provando ad ipotizzare relative correlazioni con la situazione attuale. Sarebbe impensabile effettuare qui una disamina esaustiva della caratterologia loweniana, ci basti introdurre che questi caratteri non corrispondono affatto a psicopatologie o disturbi di personalità: un carattere è espressione di un adattamento dell’individuo allo stare al mondo, ed è espressione psicofisica, fenomeno osservabile nella mente come nelle tensioni muscolari, dei traumi e degli adattamenti che l’individuo nel suo percorso di crescita ha vissuto, con l’obiettivo di arginare o limitare l’esperienza del dolore. Ognuno di essi avrà anche un peculiare rapporto e percezione di confine corporeo ed interpersonale. Vediamo come:
- Il carattere schizoide è espressione di una persona che investe gran parte delle sue energie nella mente e nelle facoltà intellettuali e che ha vissuto precocissime esperienze infantili che l’hanno fatta sentire minacciata ed in pericolo per la propria esistenza; ecco quindi che vi è un estremo ritiro dell’energia vitale verso le parti più interne del corpo, una pelle estremamente sensibile al tatto, un iper-investimento nel sistema oculare e del controllo. Vi è una scelta di ritiro dalle relazioni interpersonali, di autosufficienza e bisogno di distanza. Il confine corporeo è estremamente sottile e sensibile, quasi inesistente, motivo per cui questa tipologia caratteriale non adora il contatto fisico, preferendo distanze ed ampi spazi, temendo costantemente un’invasione. Nella fase del distanziamento sociale, gli schizoidi si adatteranno bene, fin quasi a veder confermato il proprio “sintomo”.
- Il carattere orale è l’organizzazione caratteriologica in cui è predominante il bisogno di essere nutriti, sostenuti e curati dagli altri, con scarso senso di autostima e di indipendenza dovuti a deprivazioni nella fase orale infantile, così che si abbia la costante e più o meno consapevole necessità di sostegno e appoggio da parte degli altri. Il confine corporeo dell’orale è altalenante: può passare da periodi di ostentata autosufficienza a periodi in cui la privazione ed il vuoto interiore esigono un maggiore contatto e sostegno; privarsi di abbracci, carezze e coccole che, in questo caso, sono particolarmente nutritive, può essere davvero complicato; gestire la distanza non è certamente cosa facile per l’orale, che tende ad instaurare rapporti di dipendenza affettiva con l’altro, ecco perché vi può essere l’impulso a trasgredire le regole, soddisfacendo così il bisogno di contatto e nutrimento affettivo.
- Il carattere psicopatico è un’organizzazione psicofisica che si fonda, invece, sull’assunto della autosufficienza, del controllo e della manipolazione strategica degli altri, dalla considerazione dei quali non si riesce ad ammettere di essere al contempo dipendenti; il carattere psicopatico vive il conflitto di negare i propri sentimenti, vissuti come scomodi, andando contro il proprio Io ed i propri reali bisogni, investendo invece gran parte della propria energia sulla propria immagine e sul bisogno di potere, controllo e predominio. In questa fase lo psicopatico può sfoggiare comportamenti esemplari o, al contrario, ostentatamente ribelli, poiché difficilmente ascolta i suoi reali bisogni e non sa realmente autoregolarsi e proteggersi nelle situazioni di pericolo: lo scopo di sedurre e controllare gli altri è comunque prioritario, persino rispetto alla propria ed altrui sicurezza. Il confine corporeo, proprio perché violato nella prima infanzia, non può essere neanche sentito; la sopraffazione o la seduzione sono le due dinamiche psichiche che più frequentemente ricorrono e per metterle in atto vi è bisogno di “violare” i confini dell’altro.
- Il masochista è un carattere che mostra nell’atteggiamento esterno remissività, affabilità e sottomissione ma che, nell’intimo, trattiene una forte rabbia ed un forte astio. Il bisogno esplicito del masochista è quello di compiacere l’altro, per cui non avrà particolari problemi nell’adattarsi alle nuove condizioni ambientali di distanziamento, seppure queste causino in lui/lei disagio. Il problema, al contrario, potrebbe essere quello di difendere i propri confini e non lasciarsi violare dagli altri, per cui vi è la necessità di tenere alta la consapevolezza anche sui comportamenti altrui e non lasciare che gli altri entrino irragionevolmente nel proprio spazio personale e protettivo.
- Analizziamo infine il carattere rigido, tendente a razionalizzare e controllare tutto, orientato alla performance, fisicamente energico e prestante, che condivide alcuni tratti con la personalità narcisista. Il confine corporeo, così come l’immagine di sé, sono piuttosto definite e stabili e non ha particolari problemi a stabilire una giusta distanza poiché interagisce efficacemente con il suo mondo, pur avendo tratti controllanti, ossessivi o isterici ed il desiderio di abbandonarsi all’altro è sempre cauto. Per definizione, quindi, non si lascia andare all’altro ed alle situazioni, così che la distanza interpersonale sia sempre sotto controllo ed il distanziamento sociale vissuto in maniera sana, può però sfociare nell’ossessivo controllo delle regole igienico sanitarie o delle distanze.
Compiuta questa breve e sommaria disanima degli stili caratteriali associati al concetto di confine e distanza sociale, debbo ricordare che queste sono generalizzazioni mai del tutto aderenti alla realtà complessa e multifattoriale che è una persona. Più per diletto, quindi, mi sono concessa questa ipotesi bioenergetica, invitando i lettori ad approfondire con il dovuto spazio e ben più ampio respiro il discorso sui caratteri e sulla bioenergetica di Alexander Lowen che, rimettendo il corpo al centro dell’analisi terapeutica, può aiutarci ora più che mai a comprendere i correlati psichici dell’esperienza che stiamo vivendo.
In ultima analisi, le nuove norme sociali comportano una rinegoziazione psichica di comportamenti e interazioni spesso inconsapevoli e l’analisi del comportamento corporeo e non verbale dell’individuo nella società è in questo momento particolarmente ricco e stimolante. Noi tutti professionisti, che in primis stiamo vivendo queste esperienze, possiamo fare tesoro delle nostre stesse sensazioni e avere una lente aperta e non giudicante verso i nostri pazienti e verso la situazione in generale, che merita cautela e approfondimento.
Per concludere, vi segnalo che in questo periodo riprenderanno i gruppi di ascolto e rilassamento “dare voce al corpo”, che condurrò in parte online e in parte in sessioni all’ aperto in mezzo alla natura. Per maggiori informazioni puoi contattarmi
Dott.ssa Valentina Virgili Psicologa
[email protected]
329 2093614
Bibliografia:
M. Bracco (1998) Prossemica, in Universo del corpo, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma.
E. Hall (1968) La dimensione nascosta. Il significato delle distanze tra i soggetti umani, Bompiani, Milano.
A. Lowen (2014) Bioenergetica, Feltrinelli Editore, Milano.
G. Mantovani (2003) Manuale di psicologia sociale, Giunti Editore, Firenze.