• di Gabriella Attimonelli •
Vi è mai capitato di essere ossessionati da un uomo o da una donna? E vi è venuto il sospetto che alla base di questa vostra ossessione non ci fosse l’amore, ma la paura? Quando nelle vostre conversazioni con gli amici e le amiche parlate di lui/lei, dei suoi problemi, del suo carattere, delle sue mancanze, di quello che pensa e quasi tutte le vostre frasi iniziano con il suo nome, ecco, in questo caso state amando troppo. Quando giustificate i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza, o magari li considerate conseguenze di un’infanzia infelice e cercate di diventare la sua terapista, ecco in questo caso state amando troppo.Quando essere innamorati significa soffrire, significa che stiamo amando troppo. È solo da 30 anni che il concetto di Dipendenza Affettiva è entrato a far parte del lessico psicopatologico italiano. Ad introdurlo è stato il libro dalla psicologa americana Robin Norwood, Donne che amano troppo.
Ma come si manifesta una compulsione d’amore, quali sono i suoi “sintomi”? Secondo la Norwood assomiglia molto a quella che si sviluppa nei confronti del cibo. La dipendenza d’amore infatti si manifesta come una fame improvvisa che chiede di essere saziata tempestivamente, ma che non sempre porta a un senso di appagamento e sazietà. Siamo affamati, assetati, “anime in pena”, costantemente alla ricerca dell’altro e che a questo altro dedicano mente e corpo. Con un pensiero fisso che dall’amore scivola in patologia. I dipendenti affettivi in genere sono donne. Questo non significa che gli uomini non possano sviluppare una love addiction, ma che in genere è meno probabile che accada poiché gli uomini tendono a manifestare in altri modi la loro dedizione nei confronti dell’amato/a. Chi soffre di questa forma di dipendenza, vive come pericolo ogni altro rapporto ed è ossessionato dall’idea di perdere il partner. L’allontanamento temporaneo della persona amata causa così un’enorme sofferenza e in alcuni casi eccessi di gelosia, che possono sfociare in violenza, verbale o fisica, o in episodi depressivi. Le relazioni instaurate da un dipendente affettivo non sono casuali, ma rispondono al bisogno vitale di avere una relazione, qualcuno a cui dedicarsi anima e corpo. Dall’altro lato il partner scelto si contraddistingue per essere in genere una persona forte e sicura di sé, tanto da fungere da specchietto per le allodole. La dipendente affettiva, infatti, ingannata dall’ego smisurato del compagno, immagina di ricevere protezione e sicurezza, quando invece il soggetto in questione tende piuttosto a stabilire relazioni affettive basate sul bisogno di sottomettere qualcuno e esercitare la propria superiorità, più che su quello di offrire sicurezza e protezione. Il partner del dipendente affettivo tende a svilire costantemente il compagno, a enfatizzare le sue debolezze, a mettere in discussione e non riconoscere le sue qualità sul piano fisico, caratteriale e intellettivo, operando un costante confronto con un ipotetico altro sempre migliore. A lungo andare, proprio questo atteggiamento, determina nel dipendente affettivo una maggiore insicurezza che sfocia in reazioni di gelosia, di paura, di commiserazione e insicurezza «Sicuramente sceglierà chi è meglio di me», si ripete il dipendente affettivo ormai incapace di vedere qualità e pregi della propria persona. Si crea così un meccanismo disfunzionale, un circolo vizioso che si autoalimenta. Una totale perdita di autostima e di autoefficacia, uno stato di allerta continua e un terrore della perdita che si manifestano con un senso di ansia costante e un aumento della necessità di controllo nella relazione. Le radici di quello che a tutti gli effetti finisce per connotarsi come un disturbo derivato da vissuti infantili, ferite mai guarite, spesso effetto di un rifiuto precoce o ambivalente delle figure genitoriali, e che, proprio per questo, finiscono per essere messe in atto nella relazione di coppia. Se soffrite di love addiction forse vostro padre, pur garantendovi benessere e sicurezza, non si mostrava capace di amare le donne e, nei loro confronti, manifestava una qualche forma di disprezzo. È proprio da questa incapacità affettiva manifestata negli atteggiamenti di un genitore, che si sviluppa, quasi fosse una controparte ereditaria nel figlio, una sostanziale incapacità di amare se stessi. Oppure era vostra madre ad avere verso di voi un atteggiamento geloso, competitivo in privato, anche se in pubblico decantava le vostre lodi, e voi avete sviluppato il bisogno di fare le cose al meglio per ottenere la sua approvazione, ma sempre nel timore dell’ostilità che il vostro successo generava in lei. ll dipendente ama l’altro idealizzato, lo ama dello stesso amore che ha provato durante la propria infanzia per un genitore idealizzato e irraggiungibile che lo ha abbandonato e dal quale si è sentito tradito. Un nucleo famigliare insano genera insicurezza, vuoti d’affetto e solitudine, che scaturiscono in età adulta, e più di quanto possiate immaginare, nel vostro mal d’amore. È per questo che la dipendenza si alimenta di sensazioni come il rifiuto, l’umiliazione e il dolore. Non si tratta di masochismo o autolesionismo, ma della radicale necessità del love addicted di cambiare l’altro, di convincerlo del proprio valore, di salvarlo, di riuscire a farsi amare da chi ama solo se stesso. Amare un partner realmente affettuoso e gentile porta ad annoiarsi, invece lo stare sulla corda, il rifiuto, la mancanza di certezza muove il desiderio. Questo comportamento è ulteriormente aggravato dalla tendenza ad auto attribuirsi colpe che non si hanno: «Io sbaglio e per questo lui si comporta in questo modo», «Se solo fossi meno gelosa tutto questo non succederebbe», «Se ha urlato e mi ha offeso così è perché io l’ho fatto innervosire, ho tirato troppo la corda».
Ma esiste una soluzione per il “troppo amore”? Non esistono scorciatoie per liberarvi dalla vostra tendenza ad amare troppo. Si tratta di comportamenti radicati, appresi durante l’infanzia e reiterati negli anni. Abbandonarli vi costerà: tempo e fatica. Sarà una sfida con voi stessi e le vostre credenze limitanti. Una ristrutturazione delle vostre antiche e radicate credenze vi porterà ad una soluzione del problema, iniziando a percepire l’altro per quello che realmente è: un manipolatore affettivo. Amare se stessi e mettersi al centro della propria vita è la strada da intraprendere per passare dalla dipendenza all’indipendenza. Per concedersi la possibilità di essere amati in modo sano e finalmente sereni. A voi la scelta. Decidere di iniziare un processo terapeutico, può aiutare a liberarsi dalla propria dipendenza. Perché come direbbe De Andrè: «Continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai…».