• di Eleonora Perugini •
Molte persone spesso vanno dal medico di famiglia lamentando sintomatologie fisiche riguardanti uno strano senso di costrizione, sudorazione, battito accelerato, sensazione quasi di soffocamento, vertigini o tremori improvvisi, che gli creano disagio a casa, a scuola, al lavoro o addirittura durante attività ricreative in compagnia: sarebbe opportuno allora accendere un campanello d’allarme ed effettuare in primis uno screening che vada ad escludere eventuali cause organiche di tale sintomatologia.
Una volta aver raccolto tutti i dettagli organico–medici del caso ed una volta aver accertato che la patologia non riguarda la dimensione fisica, ci si può rendere conto che la sintomatologia lamentata dall’utente è di origine psicologica e viene riconosciuta con il nome di ansia.
Ora, a prescindere dalla classificazione delle varie tipologie di disturbo d’ansia proposte dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5, APA 2013), noi psicologi riteniamo che l’ansia sia un’emozione che può avere effetti a lungo termine altamente negativi in chi la vive, in quanto desta costantemente preoccupazione e apprensione per gli eventi di vita futuri e non ci fa vivere appieno il presente.
A livello intrapsichico, l’ansia è veramente deleteria: genera sensazioni di paura e tendenza all’evitamento, scarsa concentrazione e incapacità di progettare il proprio futuro. Ancora, l’ansia rende disorganizzate le relazioni interpersonali, unitamente al timore di non essere corrisposti negli affetti e al conseguente senso di angoscia dettato dalla solitudine.
Lo stato improvviso di allerta e preoccupazione provocato dall’ansia rende difficoltoso lo svolgersi delle attività quotidiane. Questo sta a significare che la nostra vita può essere sconvolta e condizionata sempre a causa di questa condizione.
Come uscirne? Esistono ovviamente tante strategie per poter gestire al meglio l’ansia, ma il primo passo da fare sarebbe quello di acquisirne consapevolezza, prima di imparare a gestirla.
Personalmente, trovo affascinante associare al colloquio la parola “arte”. Grazie ad esso possiamo artisticamente dare alla conversazione con il nostro cliente tutte le sfumature di colore che vogliamo e, se siamo dei bravi artisti, siamo anche in grado di arrivare a capire la natura del suo disagio e a fornirgli pennello e tavolozza per permettergli di dipingere al meglio la sua vita.