tecnologie digitali

Isolamento sociale e tecnologie digitali

Tecnologie digitali: rischi e opportunità nella generazione 3.0

Per i “nativi digitali”, le nuove tecnologie offrono una gamma di possibilità di azione e socializzazione sempre più interessanti e all’avanguardia, che spaziano dai social network, al gaming online, fino ad arrivare alla realtà aumentata ed all’uso di visori per interagire in spazi virtuali sempre più verosimili e aperti. Ma, se non utilizzati consapevolmente, le tecnologie digitali rischiano di contribuire allo sviluppo di malessere psicologico, isolamento sociale e dipendenza patologica.

Con il perfezionamento della tecnologie digitali (in particolare internet e social network), nuovi modi di interagire sono ormai divenuti parte delle nostre abitudini. È necessario per chiunque ne faccia uso, e ancor di più per chi ha a che fare con bambini e adolescenti, conoscere questo nuovo mondo e scoprirne limiti ed opportunità.

L’uomo per definizione è un essere sociale: fin da quando nasciamo siamo progettati per interagire con il prossimo e da questa interazione ricavare nutrimento emotivo ed intellettivo. Ma negli ultimi anni, l’interazione virtuale ha percorso una vertiginosa impennata, offrendo sempre più contesti e spazi di interazione condivisi che possono essere fruiti senza il diretto coinvolgimento tra corpi. La pandemia ed il conseguente isolamento sociale non hanno fatto altro che contribuire a sviluppare questa tendenza, portando in evidenza nuovi ritmi e modalità di lavorare, formarsi, interagire in generale.

Se interagire nella società è un bisogno naturale dell’ essere umano, il suo opposto, ossia l’isolamento sociale, desta spesso preoccupazioni ed allerte, soprattutto se a praticarlo sono adolescenti e giovani adulti.

L’isolamento di per sé non è una patologia, ma può essere un sintomo, insieme ad altri, di problematiche psicologiche quali depressione, ansia sociale, attacchi di panico, fobie, psicosi. Per ritiro sociale intendiamo un comportamento che spinge l’individuo a chiudersi sempre di più in sé stesso, evitando contatti fuori casa, fino a rimanere anche per molte ore nella propria cameretta. Questo comportamento è sempre più diffuso tra adolescenti e giovani adulti (si veda, a tal proposito, anche l’articolo a cura della dott.ssa Telesforo sugli adolescenti in quarantena https://associazionemind.it/adolescenti-in-quarantena/) ed a volte può sfociare in un sintomo, appunto, il ritiro sociale. Altre volte si tratta di un ritiro volontario che viene definito, nella cultura giapponese, Hikikomori (letteralmente “stare in disparte”, “staccarsi”).

Ma quali legami davvero esistono con le nuove tecnologie digitali ? Sono fattori di rischio o sono, al contrario, dei nuovi ed alternativi metodi di connessione con il mondo? A mio avviso, entrambi.

I rischi delle “abbuffate tecnologiche” di videogames, smartphone, tablet, social network e internet in generale, sono ormai abbastanza noti e portano ad una vera e propria dipendenza, se usati in maniera compulsiva e “sostitutiva” di qualcosa di altro. La sensazione di perdere il controllo sulla quantità di tempo passata online, lo sfasamento del sonno e dell’ appetito, la maggiore irritabilità sono solo alcuni dei sintomi della dipendenza da internet. Purtroppo, è verosimile dire che alcuni giochi e soprattutto i social network, funzionano rinforzando il meccanismo della dipendenza, creando un circuito di rinforzo positivo e di ricerca compulsiva dello stesso (si veda, a tal proposito, il meccanismo dei “likes”). È chiaro che se questo si innesca in una personalità già fragile o in via di sviluppo, è molto più probabile che comporti ad un meccanismo di abuso. Altre sintomatologie comuni, in chi fa ampio uso di tecnologie digitali, sono l’ ansia sociale, gli attacchi di panico e la personalità evitante. È facile capire il nesso: l’ ansia patologica che si prova nel dover interagire con altre persone può essere facilmente “aggirata” se si interpone in mezzo uno schermo video, una chat o ancor meglio, un personaggio “avatar” di un videogame, che possa incarnare un Io ideale senza i limiti e le fragilità percepite invece dall’ Io reale. Anche la depressione è spesso associata ad un utilizzo compulsivo delle tecnologie digitali, i quali rinforzano il vissuto di inadeguatezza qualora esso sia già presente nella psiche della persona.

È importante per questo promuovere sempre un uso responsabile e consapevole delle tecnologie: se si tratta di bambini, tale uso deve necessariamente essere mediato dagli adulti e se si tratta di adulti, questi devono essere ben consapevoli dei meccanismi psicologici sottesi nel funzionamento delle nuove tecnologie ed essere capaci di adottare una corretta “igiene tecnologica” come, ad esempio: fare delle pause per riposare gli occhi, muovere il corpo, ossigenare i locali, controllare il tempo di esposizione, riconoscere segnali di evitamento sociale e abuso.

Ma le nuove tecnologie digitali sono anche degli importanti alleati nella vita quotidiana e lo stanno diventando anche nella salute mentale: basti pensare al successo e all’ efficacia della telemedicina e alla possibilità ormai sempre più diffusa, di svolgere consulenze psicologiche online da remoto. Questo abbatte tutta una serie di problematiche legate agli spostamenti, ai costi ed alla ottimizzazione dei tempi. Anche il modo di lavorare, in generale, può essere migliorato dall’ uso di interazioni da remoto, sempre se questo non voglia dire perdere di vista i sani confini tra vita privata e lavoro.

Nei giovani e negli adolescenti, spesso le nuove tecnologie sono fonte di divertimento e creatività: le abilità cognitive e sociali connesse al gaming non sono affatto da sottovalutare. Saper sviluppare identità parallele e con queste saper giocare, è un’ abilità creativa e divergente che stimola il ragionamento, la fantasia, la creatività e il problem solving. Un po’ come nel gioco del teatro, giocare nella finzione può allargare gli orizzonti, stimolare i sensi e creare nuove esperienze emotive e sociali che possono, perché no, essere anche “riparative” e “compensative” rispetto alla meno soddisfacente realtà limitrofa. Penso in particolare a tutte quelle persone che, per un motivo o un altro si sentono “diverse” e faticano a trovare un posto nel proprio contesto sociale di riferimento. Proprio grazie alle nuove tecnologie queste persone possono trovarsi e ri-trovarsi, condividere esperienze con altre persone con esperienze simili, offrire e ricevere sostegno. Oltre alle realtà informali, sono ormai ampiamente diffusi anche i gruppi di auto-mutuo aiuto a distanza. Spesso, per una persona momentaneamente impossibilitata ad uscire di casa, le tecnologie sono l’ unico modo per restare connessi con qualcuno. Come a dire, ancora una volta, che non è il mezzo a dover essere demonizzato, ma l’ uso consapevole o meno che se ne fa.   

L’ ampio mondo della realtà aumentata e virtuale è inoltre ormai ampiamente connesso con la psicologia: si vedono nascere i primi software per il trattamento di disturbi specifici attraverso la realtà virtuale, così come la possibilità di un ampio utilizzo degli stessi nell’ambito della riabilitazione cognitiva. Per approfondire questo argomento ti rimandiamo alla lettura dei prossimi articoli.

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Articolo a cura della Dr.ssa Valentina Virgili

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