• di Francesca Mamo •
La neuroscienziata, Prof. Selena Bartlett, dell’Istituto di Salute e Innovazione Biomedica QUT, ha riferito in uno studio pubblicato dalla rivista internazionale di ricerca PLOS One, che i farmaci utilizzati per trattare la dipendenza da nicotina potrebbero essere utilizzati anche per il trattamento della dipendenza da zuccheri negli animali.
L’assunzione cronica di zucchero, infatti, può causare disturbi alimentari e avere un impatto significativo sul comportamento.
“Gli ultimi dati dell’Organizzazione mondiale della sanità ci dicono che 1,9 miliardi di persone in tutto il mondo sono in sovrappeso, con 600 milioni considerati obesi”, ha detto la professoressa Bartlett, dell’Istituto di Ricerca Translazionale.
“E’ stato dimostrato che il consumo di zucchero in eccesso contribuisce direttamente all’aumento di peso e incrementa ripetutamente i livelli di dopamina che controllano i sistemi cerebrali di ricompensa e piacere in un modo simile a molte droghe d’abuso, tra cui tabacco, cocaina e morfina.
“Dopo un consumo a lungo termine si ha una riduzione dei livelli di dopamina, che comporta un maggior consumo di zucchero per ottenere lo stesso livello di ricompensa”.
“Abbiamo anche scoperto che, oltre ad un aumento del rischio di aumento di peso, gli animali che mantengono un elevato consumo di zucchero e abbuffate in età adulta possono anche affrontare conseguenze neurologiche e psichiatriche che colpiscono l’umore e la motivazione”.
“È interessante notare come il nostro studio abbia anche scoperto che i dolcificanti artificiali come la saccarina potrebbero produrre effetti simili a quelli che abbiamo ottenuto con lo zucchero da tavola, mettendo in evidenza l’importanza di rivalutare il nostro rapporto con il cibo zuccherato per sé”, ha detto il PhD ricercatore Masroor Shariff.
“Ulteriori studi sono necessari, ma i nostri risultati suggeriscono che gli attuali farmaci utilizzati nella cura della dipendenza da nicotina possono rappresentare una nuova strategia di trattamento per combattere l’epidemia di obesità”.
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