GASLIGHTING

GASLIGHTING: la violenza psicologica che intrappola

In letteratura il Gaslighting non è specificatamente ricondotto alla violenza di genere, ma si esplicita molto bene all’interno delle violenze psicologiche a cui molte donne sono soggette.

Il gaslighter è un manipolatore che agisce al fine di minare il senso di sicurezza della partner instillandole profondi dubbi su sé stessa e utilizzando varie tattiche ingannevoli in modo da disorientarla e confonderla.

Frequentemente infatti il gaslighter mette in discussione i ricordi e la memoria della partner in un modo talmente convincente che lei stessa inizia a mettere in dubbio la sua sanità mentale (Hightower, 2017).

Lo scopo della manipolazione è quello di rendere dipendente la donna, sia fisicamente che psicologicamente. L’annullamento della sicurezza e della sua autostima la porterà a trovarsi completamente intrappolata in un rapporto patologico nel quale l’uomo prenderà il ruolo di persecutore e salvatore secondo le sue sadiche volontà.

Donne esposte a questi continui agiti da parte dei loro partner, “perdono completamente la stima di sé, sviluppando gravi danni dal punto di vista psicologico” (Baldry, 2015).

LE FASI DEL GASLIGHTING

Il gaslighting inizia in modo graduale e sono state identificate tre fasi specifiche (Forlano, 2014; Gruda, 2020):


1. Nella prima fase si caratterizza per una distorsione della comunicazione. I dialoghi sono caratterizzati da ostili silenzi, alternati a parole pungenti, che disorientano la vittima facendola sentire confusa. La donna comprende che qualcosa non torna, ma si convince sia conseguenza di un fraintendimento. In questa fase il gaslighter si pone spesso in modo affascinante e fondamentalmente buono, e alterna critiche a lusinghe e complimenti.


2. Nella seconda fase avviene un tentativo di difesa da parte della vittima che cercherà di instaurare ostinatamente un dialogo, con la speranza che i suoi comportamenti e le sue giustificazioni riusciranno a far cambiare la situazione e il partner stesso.


3. Nella terza fase, la più grave, avviene una discesa nella depressione. La vittima, ora arresa, arriverà a convincersi che ciò che le viene detto corrisponde a verità, diventando così sempre più insicura, dipendente e vulnerabile. È questo il momento in cui la relazione perversa si cronicizza, la vittima si convince di essere nel torto e idealizza la bontà del partner, difendendolo anche dalle opinioni degli altri.

Le espressioni tipiche del GASLIGHTING

Le espressioni tipiche utilizzate dal gaslighter sono ad esempio:

Sei pazza” , “Non essere così sensibile”, “Non essere paranoica”, “Stavo solo scherzando”, “Ti immagini le cose”, “Stai reagendo in modo esagerato”, “Non ti agitare così tanto”, “Quello che dici non è mai successo”, “Sono preoccupato: penso che tu non stia bene” (Abramson, 2014).

L’obiettivo di questa tipologia di violenza è, come le altre, quello di raggiungere e mantenere, da parte dell’uomo, il pieno controllo sulla vittima.

Quest’ultima passerà, nel corso delle tre fasi, dal provare un pervasivo stato di confusione al costruire un’immagine di sé completamente distorta arrivando a definirsi “pazza” per non svalutare l’idea migliorata e irrealistica dell’altro.

Ciò si accompagna ad un profondo senso di non valere nulla e di non meritare amore. La vittima si sentirà sbagliata e proverà una forte vergogna sentendosi continuamente umiliata. In una relazione del genere tutte le energie vengono risucchiate dal manipolatore, tanto che la vittima comincerà a sentirsi sempre più stanca, anche fisicamente.

Confusione, autostima annullata, vergogna e stanchezza fisica e psicologica porteranno la vittima a mettere in discussione tutta la sua realtà, e all’isolamento.

A questo punto la donna inizierà a vedere il partner come unica isola di salvezza: il manipolatore ha raggiunto i suoi scopi.

Seppure la violenza psicologica non lasci segni visibili come fa quella fisica, è di fondamentale importanza riuscire a richiedere aiuto se ci si ritrova invischiati.

Gli atti manipolatori sono più difficili da riconoscere e da denunciare poiché, da definizione, sono spesso nascosti dietro atteggiamenti fintamente amorevoli o protettivi. La vittima si fida del suo persecutore pur continuando a lottare contro la sensazione di essere sotto torchio.

Se si è in un rapporto del genere, difficile e doloroso, si ha bisogno di un concreto aiuto. 

È necessario arrivare sviluppare un sano senso di autostima, di identità separata e di autoefficacia per dimostrare alla vittima quale sia il suo reale valore.

Articolo scritto in collaborazione con la tirocinante, dott.ssa Silvia Santaniello e supervisionato dalla dr.ssa Sonia Minati

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Associazione culturale no profit di benessere psico-corporeo