Il burnout letteralmente significa esaurimento, crollo o surriscaldamento, ovvero una condizione di stress in un contesto lavorativo e/o derivante da esso, che determina un logorio psicofisico ed emotivo, con vissuti di demotivazione, di delusione e disinteresse con concrete conseguenze nella realtà lavorativa, personale e sociale dell’individuo.
Quando una persona vive una situazione professionale percepita come logorante dal punto di vista psicofisico, dovrebbe far fronte alla problematica ricercando soluzioni. Spesso però l’individuo crede di non disporre di risorse e strategie comportamentali o cognitive adeguate a fronteggiare questa sensazione di esaurimento fisico ed emotivo, cadendo così in una condizione di forte stress e burnout. Nel tempo, stress e burnout possono condurre ad un distacco mentale dal proprio lavoro, assumendo un atteggiamento di indifferenza, malevolenza e cinismo verso i colleghi e/o i capi dell’attività lavorativa.
Il burnout non va sottovalutato, considerandone i sintomi passeggeri e poco importanti: la demoralizzazione e la negatività per il proprio contesto possono sfociare, talvolta, in una vera e propria depressione e in altri disturbi come disturbi d’ansia e attacchi di panico.
Un ambiente di lavoro non favorevole può portare a manifestazioni psico-fisiche, con un significativo impatto negativo sul benessere della persona. Il burnout può essere correlato a diverse componeneti della sfera lavorativa, di tipo organizzativo o correlati alla comunicazione e alla sicurezza sul luogo di lavoro, come:
Il meccanismo dello stress è un complesso del nostro corpo che coinvolge i sistemi psico-endocrino-immunitario.
L’Asse ipotalamo-pituitario-surrene (meglio conosciuta come asse HPA), mette in comunicazione il sistema endocrino, il sistema nervoso autonomo e sistema immunitario, attraverso messaggi ormonali che viaggiano nei tessuti e nel flusso sanguigno, andando così a regolare o alterare l’equilibrio sistemico interno. (Omeostasi)
Quali sono i sintomi psicologici e fisici del burnout
- distacco emotivo
- trascuratezza degli affetti e delle relazioni sociali
- decadimento delle risorse psicofisiche
- importanza eccessiva data al lavoro
- demotivazione a lavoro
- peggioramento delle prestazioni professionali
- difficoltà di concentrazione
- irritabilità e senso di colpa
- insofferenza
- aggressività
- abuso di alcool/sostanze
- mancanza di iniziativa e/o assenteismo
- emicrania e cefalee
- sintomi respiratori
- insonnia
- inappetenza/disturbi intestinali
- senso di debolezza
Quali sono i fattori di rischio dello stress e burnout
Ci sono diversi fattori di rischio che possono andare ad intaccare la sindrome di burnout:
- Le aspettative connesse al ruolo: in caso ad esempio di un carico eccessivo di lavoro: se superiore alla capacità dell’individuo di farvi fronte
- Mancanza di controllo sulle risorse necessarie per svolgere il proprio lavoro: sembra esservi un’associazione tra il burnout e la carenza di autonomia per attuare l’attività nella maniera che ritiene più efficace o le abilità di assumersi la responsabilità di decisioni importanti
- Valori contrastanti: l’incongruenza tra i valori dell’individuo e dell’organizzazione può tradursi nella pressione di una scelta tra ciò che si vuole fare e ciò che, invece, si deve fare
- Attività inadeguate rispetto alle competenze del lavoratore o aumento di responsabilità, senza la giusta compensazione;
- Difficili interazioni con colleghi o clienti: conflitti impliciti ed espliciti, alleanze ed opposizioni possono deteriorare il tempo passato a lavoro;
- Frequenti conflitti nella programmazione del lavoro o interruzioni: una cattiva gestione della programmazione può comportare diversi ritardi ed insuccessi che possono compromettere l’autostima del lavoratore;
- Politiche sanitarie e di sicurezza inadeguate: non sentirsi tutelati nella loro salute comporta una grave frustrazione e una forte presenza di rabbia/ostilità nei confronti dei propri superiori;
- Bassi livelli di supporto ai lavoratori: quando il lavoratore ha la sensazione di essere abbandonato nel proprio lavoro e che non ci sia possibilità di supporto da parte dei propri superiori;
- Comunicazione e gestione insufficiente: ritardare le comunicazioni di gestione e retribuzione, non dare peso ai piani ferie e alle esigenze del lavoratore ;
- Compiti e obiettivi poco chiari: essere sovraccaricati di richieste tutte etichettate con “massima priorità” non fa che confondere la persone e sottoporlo a una forte carica di stress. Avere obiettivi anche poco chiari nelle sue procedure comporta la possibilità di sbagliare e far ritardare la consegna del lavoro finito;
- Programmi che cambiano spesso: non concludere progetti dell’azienda restituisce al lavoratore un senso di inefficacia e inutilità che lo porteranno a rivalutare l’azienda stessa e la sua credibilità;
- Orari inflessibili e scadenze irrealistiche: programmare bene una attività significa calendarizzare bene le varie scadenze e il giusto orario lavorativo giornaliero, settimanale e mensile. Chiedere al lavoratore (dipendente o manager che sia) di lavorare oltre l’orario lavorativo significa sfruttare energie fisiche e mentali già carenti per il lavoro svolto nelle ore precedenti. Ciò porta necessariamente a perdere concentrazione e alla possibilità di cadere in sbagli;
- Partecipazione limitata o scarsa nei processi decisionali della propria area di lavoro: non sentirsi parte integrante della azienda nei suoi processi decisionali alimenta il senso di inefficacia della persona che non può essere un punto cruciale della grande schiera gerarchica dell’azienda Avere il proprio ruolo e le proprie responsabilità aumenta il senso di autostima.
- Mancato riconoscimento (sia sociale, che economico) del risultato: portare a termine un progetto e non essere minimamente gratificati per questo comporta perdere con il tempo l’interesse nel lavoro svolto e ad aumentare la demotivazione;
- Assenza di equità : cioè la percezione di onestà e correttezza che favorisce soddisfazione e motivazione. I dipendenti dello stesso livello dovrebbero essere trattati in modo equo rispetto a concessioni, piani ferie, bonus ecc. La presenza di favoritismi (impliciti ed espliciti) comporta una maggiore aggressività o a un maggiore assenteismo;
- Presenza di rischi alti: come per i soccorritori o gli agenti di pubblica sicurezza o per il personale addetto all’uso e manutenzione dei macchinari ad alto rischio;
- Mobbing e molestie psicologiche: un insieme di comportamenti persecutori che tendono a emarginare un soggetto, tramite violenza psichica e/o a molestarlo personalmente e sessualmente. In questi casi i sintomi psicosomatici sono molto evidenti così come lo è il clima aggressivo e svalutante che vive.
Inizialmente, la sindrome del burnout è stata correlata alle cosiddette “helping professions”, cioè le professioni sanitarie e assistenziali che prevedono un contatto con le persone o deputate alla difesa, alla sicurezza pubblica ed alla gestione delle emergenze: infermieri, medici, insegnanti, assistenti sociali, operatori per l’infanzia, poliziotti e vigili del fuoco.
In seguito, si è riconosciuto che il burnout può associarsi a qualsiasi contesto lavorativo in cui esistano forti condizioni stressanti e pressanti (come, ad esempio, può accadere per le posizioni di grande responsabilità lavorativa) o implicazioni relazionali molto accentuate (es. avvocato, ristoratore, politico, impiegato delle poste, segretaria ecc.).
✅ La psicoterapia umanistica e bioenergetica è molto utile per favorire una maggiore consapevolezza del problema nella propria vita professionale e aiutare a gestire la sintomatologia, per ridurre le difficoltà sociali, cognitive e psicologiche, favorendo il superamento degli episodi sintomatici in modo costruttivo per giungere ad un nuovo equilibrio.
✅ Il ruolo primario dell’osteopata è quello di facilitare la capacità innata del corpo di adattarsi alle continue richieste dell’ambiente interno ed esterno, riportare l’asse HPA in equilibrio e far si che tutto i sistemi coinvolti diano risposte adattive a qualunque stimolo stressogeno.