Perché mettersi in discussione adesso potrebbe essere la chiave verso un mondo nuovo e rappresentare la svolta decisiva per le sorti dell’umanità intera e dell’unico pianeta (attualmente) disponibile.
Vi sembra esagerato? Immaginate se un cambio di prospettiva nei confronti dell’evento Covid-19 possa addirittura aiutarci a trasformare una terrificante pandemia potenzialmente devastante in una reale possibilità di cambiamento globale. Fatto?
D’accordo, potrebbe sembrare paradossale perciò conviene prima fare un passo indietro. Come da titolo, non avrò la pretesa di essere uno dei tanti articoli sul Covid-19 (ovvero la sintesi dei termini CO-rona VI-rus D-isease e dell’anno d’identificazione, 2019) che abbiamo avuto modo di leggere in questi giorni. Fortunatamente, sul sito di Mind se ne possono trovare di diversi, utili e con differenti punti di vista sull’argomento.
Ma io non ne ho voglia in questo momento. Perciò non conterrò dati ufficiali sull’andamento epidemiologico, non analizzerò le criticità che a livello economico/monetario questa situazione sta provocando, non inneggerò a teorie complottiste o presunte tali, non presenterò tutorial sui comportamenti corretti per la prevenzione del contagio virale né del disagio psicologico conseguente. Promesso.
Vorrei invece provare a “solleticarvi” e parlare di altro per osservare più da vicino quale può essere il risvolto della medaglia. Così, nel pieno rispetto di quello che è il lato oscuro, sento invece il dovere di prendere in considerazione anche quegli aspetti finora troppo poco messi in luce e che invece, a mio modesto parere, andrebbero maggiormente divulgati a mezzo stampa. Per esempio mi piacerebbe si parlasse di quali potrebbero essere, tra gli altri, gli effetti positivi dell’evento Covid-19 sulle nuove generazioni forse troppo distanti a livello temporale dai sacrifici (ed errori) di quelle passate. Oppure della possibilità generativa: idee, invenzioni e nuovi atti creativi prendendo spunto dal famigerato esempio di quarantena Newtoniana, durante la peste del ‘600, che cambiò per sempre la scienza e la storia dell’umanità.
Forse è grazie alla peste che noi abbiamo la legge gravitazionale? Probabilmente sì. Quindi dobbiamo ringraziare anche il Covid-19? Assolutamente no. Dobbiamo combatterlo con ogni mezzo possibile. In questa lotta, però, sarebbe utile non limitarsi a contare i disastri e le vittime ma al contempo far nascere nuove possibilità dal tremendo disagio che stiamo vivendo. Un po’ come nell’esempio dell’aragosta descritta brillantemente dallo psichiatra e rabbino Abraham J. Twerski.
Queste possibilità possono riferirsi esclusivamente al multitasking/dipendenza come unica soluzione? Ho paura di no. Ma sempre più frequentemente per abitudine o per osmosi, nel tentativo di fuggire dalla “noia” si rifiuta la tristezza oppure per paura di “sentire” la propria condizione interna, ci si rifugia “altrove”. E nonostante possa sembrare un comportamento gratificante nell’immediato, alla lunga piuttosto che riempire i vuoti del Kronos, squarcia voragini nel Kairos. In parole povere, nei momenti di noia il nostro cervello ha spazio a sufficienza per perdersi in divagazioni e sogni a occhi aperti che, come Moshe Bar e altri scienziati hanno dimostrato, hanno un ruolo cardine nei processi cognitivi.
Già nel 1993, molto prima che internet e i social media ci insegnassero a riempire ogni singolo momento vuoto della giornata con notifiche, mobile games e informazioni usa e getta, nel suo saggio – Sul bacio, il solletico e la noia -, lo psicologo inglese Adam Phillips descriveva la noia come “quello stato di sospesa anticipazione in cui qualcosa potrebbe succedere ma nulla accade, uno stato d’animo di diffusa irrequietezza che circonda il più assurdo e paradossale dei desideri, il desiderio di un desiderio.”
Se dunque è vero che la noia è l’anticamera della creatività, forse riponendo il telefono in tasca più spesso, andremmo maggiormente incontro ai nostri desideri.
Perfetto, fino ad ora qualcuno si sarà sentito solleticato mentre altri annoiati o entrambe le cose. Cosa resta? Ah già. Il “bacio”!
Allora, nel pieno rispetto delle norme vigenti per il Covid-19 sulla distanza, permettetemi di lasciarvi con un bacio a distanza. Un bacio immaginato ma bello quasi come uno vero. Uno che, come un soffio di speranza, spero arrivi a ciascuno di voi attraverso le parole contenute nella riflessione di Dr. Sandro Piazzini, zoologo, naturalista (Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Siena) che hanno ispirato l’ideazione di questo articolo:
“Oggi viviamo una situazione memorabile, diciamo di primo acchito spiacevole, che ha interrotto d’un colpo un periodo, che ormai dura dal secondo dopoguerra, che tutti indicano di benessere, di prosperità, un periodo d’oro, di dominio sul globo da parte dell’uomo e delle sue attività. E tutto questo, a causa (o grazie) di un esserino minuscolo, a una capsula di proteine dell’ordine dei 100 nanometri (un nanometro è un miliardesimo di metro) che contiene un frammento di RNA. Tutti si domandano da dove e come sia venuto fuori questo coronavirus. C’è chi grida al complotto con gli americani che l’avrebbero portato in Cina, c’è invece chi accusa i cinesi che non hanno igiene e che l’avrebbero contratto mangiando prima pesci, poi serpenti poi il pangolino non si sa cos’altro…che strano comportamento, quello umano…mai ci fosse una volta che analizzasse un problema ammettendo che forse, il problema si potrebbe essere originato per un suo sbaglio.
I coronavirus sono un’ampia famiglia di virus respiratori (a cui appartiene anche il raffreddore) che affliggono principalmente i mammiferi, a volte anche gli uccelli. Sembra che questo coronavirus sia tipico dei pipistrelli del genere Rinolophus e che abbia fatto il “salto di specie”, cioè sia passato sugli umani.
Ma perché proprio su di noi? Il virus è impazzito? La natura ce l’ha con noi? No ragazzi, non ce l’ha con noi…è che noi abbiamo fatto di tutto perché il coronavirus facesse il salto di specie su di noi, e non sarà né il primo, né l’ultimo se non cominciamo a cambiare seriamente il modo di vivere. Abbiamo distrutto e distruggiamo le foreste per sfruttare il legno e per sostituirle con le coltivazioni, distruggiamo le grotte e smontiamo le montagne con le nostre attività minerarie, inquiniamo il pianeta con i pesticidi e gli erbicidi che hanno cancellato decine e decine di specie di insetti e in tutto questo occupiamo sempre più spazio sulla terra cancellando gli altri habitat e sostituendoli con il cemento…
E i pipistrelli secondo voi cosa fanno? quello che farebbe qualsiasi specie vivente. I pochi sopravvissuti si spostano dal loro habitat naturale (che non esiste più) e vengono in contatto con il nostro habitat artificiale, portando con sé il virus. E il virus che cosa fa? Se rimanesse sui pipistrelli se la vedrebbe brutta, perché stanno scomparendo! E quindi? Quindi prova a giocarsela, anche lui ha diritto di vivere: trova un altro ospite che gli permetta di infettare un’altra specie.
Ed è molto semplice: siamo 7 miliardi e mezzo, stipati come le sardine, e non ci siamo accontentati di ammassare noi stessi ma lo abbiamo fatto anche con gli animali domestici di cui ci nutriamo (tra l’altro immunodepressi per la vita di merda dentro un allevamento industriale e pieni di antibiotici). Il virus è probabilmente passato prima su un animale domestico e da qui all’uomo. Ottima mossa coronavirus, siamo propriol’ospite ideale: oltre ad essere tanti amiamo anche pigiarci volontariamente dentro alle città e alle metropoli.
Ed ecco fatto, la pandemia. Tra l’altro, per farci capire meglio che probabilmente questo è il momento giusto per cambiare il nostro folle modo di vivere, il virus ci sta dando anche un altro indizio: sembra proprio che proliferi in maniera ottimale e abbia anche effetti peggiori proprio laddove si concentrano le realtà industriali, molto popolate ma anche molto inquinate, soprattutto nell’aria, sia per le emissioni dei motori (aerei in primis, auto e camion) che per le fabbriche: Wuhan in Cina, la Lombardia e il Veneto in Italia. Ma direi che probabilmente era abbastanza chiaro e logico che un’infezione respiratoria proliferi meglio dove i polmoni non sono sani perché respirano smog.
A questo punto, forse è il momento giusto per ripensare seriamente al nostro modo di vita e soprattutto, al nostro modo di pensare. Pensiamo sempre in modo antropocentrico e diamo per scontato, con la nostra superbia, di essere così intelligenti che normalmente non consideriamo neanche di appartenere al regno animale, anzi, diamo per scontato che tutte le risorse naturali, compresi tutti gli altri animali siano lì a nostra disposizione. E siamo fieri del nostro modo di vita, diverso da tutti gli altri animali, e non ci possiamo fermare: bisogna correre, correre, produrre, guadagnare e comprare.
Ora, la maggioranza di noi, probabilmente, sarà abbastanza preoccupato, ansioso ma anche scocciato di questa brutta situazione attuale e non vedrà l’ora di uscirne, tornando alla “normalità”, pronto di nuovo a ripartire in quarta premendo forte sull’acceleratore, appena questo allarme sarà rientrato. Sono due le preoccupazioni principali: la salute e l’economia, e di conseguenza il lavoro, i trasporti, il turismo e via dicendo. Ma c’è qualcuno che si preoccupa dell’ambiente naturale??
Eppure, TUTTO ciò di cui ci preoccupiamo dipende dall’ambiente naturale:
la nostra salute dipende dalla salubrità dell’ambiente naturale, che ci fornisce aria pulita (che poi noi inquiniamo), acqua pulita (che noi inquiniamo) e tutti i prodotti alimentari; l’economia dipende dall’ambiente naturale perché i metalli per fare le auto, gli aerei, i telefoni i pc ( i metalli delle batterie e dei circuiti) vengono estratti dall’ambiente naturale distruggendo habitat per fare miniere, il legno proviene dalle foreste, i carburanti fossili (petrolio, carbone, metano) sono forniti ancora una volta dall’ambiente naturale e il petrolio costituisce la base di partenza per la plastica.
Quindi, LA NOSTRA VITA E TUTTE LE NOSTRE ATTIVITA’ dipendono INTERAMENTE dall’ambiente naturale.
Ma l’ambiente naturale ha dei limiti fisici e ha delle risorse limitate e, in più, può funzionare solo se lo sfruttiamo in modo sostenibile, cioè senza distruggerlo. L’ambiente naturale non è solo una montagna, così come non è solo un fiume, così come non è una foresta e non è neanche solo una popolazione di uccelli selvatici. L’ambiente naturale è una montagna sulle cui pendici si sviluppa una foresta, attraversata da un fiume, dove vivono 100 specie di uccelli…e 20 specie di anfibi, 30 di rettili, 20 di pesci, 10000 di insetti e così via. L’ecosistema naturale può ancora sostenerci ma SE E SOLO SE ce ne prenderemo cura, lo aiuteremo, lo conserveremo, e smetteremo di danneggiarlo distruggendo gli habitat e le altre specie animali e vegetali che lo costituiscono. Ma questo, è possibile solo con una profonda presa di coscienza che porti ad un altrettanto profonda trasformazione delle nostre vite.
Nella brutta situazione in cui ci troviamo dovuta al Covid-19, potrebbe forse scaturire qualcosa di buono. Forse dobbiamo imparare qualcosa da questa lezione che l’ambiente naturale ci sta dando. E sarà forse una delle ultime possibilità che abbiamo per poter cambiare il nostro futuro. Altrimenti, la specie umana raggiungerà in breve tempo un primato unico e irripetibile, ma forse non invidiabile: sarà la prima specie al mondo che si autodistruggerà, e in un tempo che sarà fino a 20 volte più breve della durata media di una specie sulla Terra.”
Insomma, nonostante tutto, la natura non cessa di essere meravigliosa.
Buon locus of control esterno a tutti.
Se lo possiamo immaginare, ce la possiamo fare.
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